Non chiamateli marmi – il Portasanta

Siamo in piena settimana Santa del Giubileo della speranza, come non parlare della Porta Santa o meglio della roccia che troviamo agli stipiti dell’imponente portone.

Anche qui abbiamo una roccia che porta nome di “marmo” semplicemente perché roccia lucidabile.

Qualcuno mi chiedeva, dopo i precedenti post, perché continuiamo a chiamare marmi rocce che sappiamo avere tutt’altra natura dal marmo vero e proprio?

L’antico termine greco da cui deriva la parola marmo significa “pietra splendente” e si usava, già in passato, per indicare le rocce lucidabili utilizzare per rivestire e abbellire, edifici e pavimenti di diversi luoghi. Questa caratteristica le distingueva da tutte le altre tipologie di rocce. Capite che una classificazione di questo tipo porta in questa famiglia anche oggi ad includere sotto questo nome rocce di origine vulcanica sedimentaria e metamorfiche che hanno origine e caratteristiche fisiche completamente differenti tra loro.

Proprio per questo motivo ancora oggi, professionisti (in edilizia, storia dell’arte, archeologia, ecc ) di vario genere utilizzano impropriamente questo modo di dire “marmi” per indicare rocce che hanno origine geologica e composizione completamente differente da quello che è un marmo vero e proprio.

Cos’è quindi il marmo?

Andando a cercare su una qualsiasi enciclopedia o vocabolario per marmo si intende un’unica tipologia di roccia, ovvero una roccia calcarea che per metamorfismo (che è un processo di trasformazione della mineralogia e della struttura della roccia per pressione e temperatura) dinamico o di contatto assume una struttura costituita da granuli o cristalli di dimensioni sotto i 5 mm e che porta alla distruzione e scomparsa di qualsiasi struttura delle rocce sedimentarie di partenza compresi eventuali fossili presenti o stratificazioni della roccia originaria.

Per chi non avesse dimestichezza con questi termini per Metamorfismo dinamico intendiamo quando due masse di rocce si spostano per cause tettoniche, la roccia logicamente si frantuma si distrugge lungo le fratture e può succedere che le rocce addirittura fondano per l’attrito tra le grandi masse di terreno. E qui il grosso del lavoro lo fa la pressione che da vera artigiana sbriciola i minerali.

Nel caso del Metamorfismo di contatto detto anche termico il gioco lo fa tutto la temperatura. Immaginate che la nostra roccia entri in contatto con magma ad alta temperatura magari in una risalita verso la superficie. La roccia circostante evidentemente subisce l’effetto di quel calore e le rocce subiscono una modifica nella composizione soprattutto nella zona di contatto. Succede quindi che questo processo porti alla ricristallizzazione dei minerali preesistenti.

La conseguenza in ognuno dei due casi è quindi una trasformazione e la scomparsa delle strutture delle rocce precedenti.

Il “Marmo” portasanta. Come riconoscerlo?

Ma torniamo alla nostra porta santa. cosa sarà realmente quella roccia che chiamiamo “Marmo” Portasanta?

Beh vista la descrizione che vi ho fatto prima del marmo già nei particolari della foto notiamo che delle strutture preesistenti si vedono evidenti quindi non è proprio Marmo.

Era una roccia molto apprezzata anche dai Romani e usato in molte province dell’impero. Lo chiamavano Marmor Chium perchè proveniva dalle cave dell’isola di Chios nell’Egeo settentrionale

Riconoscerlo è semplice ha un fondo rosato, delle strane macchie più chiare, gialle, arancioni o addirittura grigie di forma e dimensioni differenti separate spesso da venature anche rossastre.

Queste “macchie” che si vedono anche nel dettaglio non sono altro che clasti, frammenti di rocce preesistenti.

Oltre che ai bordi della Porta Santa lo trovate in molti scavi archeologici anche in età traianea. Al foro di Traiano che vedremo in un altro post, oltre al marmo cipollino, per la pavimentazione è stato abbondantemente utilizzata anche questa roccia.

Certo nel IV secolo a.C quando fu usato le prime volte o nel II sec. d.C. ai tempi di Traiano non portava il nome di portasanta, logicamente.

Il nome gli fu attribuito nel Rinascimento, quando gli stipiti della Porta Santa della Basilica di S. Pietro furono modellati e abbelliti da questa straordinari pietra. 

Come si è formato?

Ma come si è formata e cosa è realmente? Già dall’aspetto e dal particolare dovremmo intuire che è una roccia formata da frammenti preesistenti che si sono “ricombinati” insieme grazie ad un’azione di rottura rimescolamento ri-cementazione da parte del nostro adorato pianeta Terra.

Immaginate di trovarvi nelle vicinanze di una immensa faglia, una frattura lungo la quale una grande massa rocciosa scorra vicino o sopra un’altra.

Diciamo che quelle rocce nelle zone di contatto non se la passano proprio bene.

Può succedere infatti che proprio li le rocce si frantumino in blocchi di varie dimensioni che si accumulano e poi vengano cementati in posto da altro materiale di varia origine dando luogo ad una nuova roccia che mostra qui frammenti differenti cementati fra loro. queste le chiamiamo BRECCE TETTONICHE

Con il nome di breccia noi geologi intendiamo quelle rocce che sono conglomerati di frammenti di altre rocce dalle forme più disparate, uniti insieme da cemento di varia origine.

Quando osserviamo il PORTASANTA, questi frammenti si notano in maniera evidente portandoci a classificarla come una roccia Sedimentaria, clastica (perché formata da blocchi, clasti) brecciata e di origine tettonica.

Pare che in alcuni esemplari addirittura si riconoscano ancora resti fossili di coralli, ammoniti e bivalvi, certo riconoscibili con difficoltà da un occhio particolarmente esperto.

Ci sono anche fenomeni di metamorfismo, trasformazione, che si notano in alcuni punti di contatto. Ma sicuramente il fatto che riconosciamo i frammenti di partenza fa si che non possiamo metterlo assolutamente nella famiglia del marmo.

gabrielecat74

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